Google ammette accusa di monitoraggio utenti su Chrome in modalità Incognito
Google rischia di dover pagare una somma che potrebbe arrivare fino a 5 miliardi di dollari in una causa collettiva intentata per aver tracciato gli utenti anche mentre erano in modalità Incognito sul browser Chrome. La class action, avviata nel 2020, sostiene che Google ha ingannato gli utenti facendo loro credere che le loro attività non venissero tracciate quando utilizzavano la modalità di navigazione in incognito. Nonostante la navigazione “privata”, le tecnologie pubblicitarie di Google e altri strumenti avrebbero continuato a registrare le attività degli utenti. Secondo la causa, Google avrebbe raccolto una vasta quantità di informazioni sugli utenti, tra cui amici, hobby, cibi preferiti e abitudini di acquisto.
L’accordo raggiunto giovedì tra Google e i querelanti è ancora in attesa di approvazione da parte di un giudice federale e i dettagli del pagamento non sono ancora stati divulgati. Gli avvocati dei querelanti avevano richiesto 5 miliardi di dollari di danni e avevano programmato di presentare la proposta di accordo finale entro il 24 febbraio.
Nel frattempo, Google sta cercando di porre rimedio a questa situazione con Privacy Sandbox, un’iniziativa annunciata nel 2021 per ridurre o eliminare l’uso di cookie di terze parti all’interno del browser Chrome. Questa iniziativa mira a garantire maggiore privacy agli utenti e a ridurre la raccolta di informazioni personali non necessarie. Tuttavia, resta da vedere se questa misura sarà in grado di porre fine alle preoccupazioni riguardanti la privacy degli utenti e la raccolta e l’utilizzo dei loro dati da parte di Google.
La notizia di questa causa collettiva e del possibile pagamento di una somma così elevata da parte di Google è destinata a far discutere a lungo, soprattutto nel contesto del crescente dibattito sulla privacy e sulla protezione dei dati personali. ¡SDI Online¡ intende tenere i propri lettori aggiornati su tutti gli sviluppi riguardanti questa vicenda e su come potrebbero influenzare l’esperienza di navigazione degli utenti e la privacy online.